E alla fine se n’è andato anche lui, Licio Gelli. Anzi, “il mai abbastanza vituperato Licio Gelli“, come lo bollava il senatore comunista Giuseppe Corsini, che lo aveva visto all’opera nel pistoiese durante la Resistenza. Prima in camicia bruna al servizio dei nazifascisti, poi, al momento giusto, repentinamente convertito alla causa dei partigiani. Classe 1919, il Venerabile Maestro della Loggia P2 e di mille misteri italiani è stato in fondo il Burattinaio della Nazione: fascista nel ventennio, al servizio dei “rossi” nel primo Dopoguerra, dagli anni Cinquanta in poi democristiano e massone. Tutto e il contrario di tutto, ma sempre al momento giusto. O forse semplicemente un uomo privo di ideologie, in grado di usare i potenti come pedine per accumulare denaro, influenza, informazioni riservate.
Dieci anni di reclusione per i depistaggi sulla strage di Bologna. Dodici per il crac del Banco Ambrosiano. Otto mesi per possesso di documenti riservati del Sid e del Sismi – i servizi segreti italiani di allora – come unica conseguenza giudiziaria del caso P2. Carcere poco, tra estradizioni “difettose”, domiciliari per motivi di salute e persino una clamorosa evasione dal carcere di Champ Dollon, a Ginevra, il 10 agosto 1983. Ma sono molti di più – per non dire quasi tutti – i misteri italiani che hanno visto spuntare in qualche fase il nome di Gelli: il tentato golpe Borghese, l’omicidio Pecorelli, lo scandalo petroli, il crac di Michele Sindona, il caso Moro, la scalata occulta al Corriere della Sera, fino alla trattativa Stato-mafia, per il quale l’ex Venerabile è stato sentito dai pm nel 2013 come persona informata sui fatti, sul tema degli intrecci tra mafia, servizi, massoneria ed eversione nera.
Un raggio d’azione sconcertante, quello del Venerabile, ed è durante la guerra di Liberazione che il giovane Licio Gelli getta le fondamenta di un potere che probabilmente non ha eguali nella storia repubblicana, almeno per un semplice cittadino privo di qualunque carica pubblica. Gelli combatte come volontario al fianco dei franchisti in Spagna – dove perde il fratello – poi durante l’occupazione nazista in Italia si dà da fare con la divisa delle Ss. Ma quando il quadro del tracollo di Hitler e Mussollini si fa netto, passa dall’altra parte e fornisce informazioni utili per salvare i partigiani dalle imboscate della Wehrmacht. “Ss tedesche (Divisione Herman Goering). Partigiano combattente (XI zona)” riporta in modo spiazzante un’informativa redatta su di lui nel 1950 da una non precisata forza di polizia. L’anonimo estensore si dilunga sulla particolare cura del giovane Gelli nell’abbigliamento e sul fatto che non sia “dedito né al vino né ai liquori”. Più prosaico, un rapporto della Guardia di Finanza del 1974 che sottolinea “una solida stuazione patrimoniale di cui non si conoscono le origini”.
Diversi documenti dell’epoca, poi finiti in gran parte agli atti della Commissione parlamentare sulla P2, dimostrano che nel suo “periodo rosso” Gelli collabora con i servizi segreti di un paese del blocco comunista, almeno fino agli anni Cinquanta inoltrati. Ma al contempo c’è chi conosce il suo passato anticomunista, e così anche i servizi italiani guardano a lui con attenzione, stavolta come paladino dell’atlantismo. Dal 1974, inoltre, Gelli è addetto commerciale dell’ambasciata argentina presso il governo italiano, e in buoni rapporti con diverse giunte militari latinoamericane. E certo il celeberrimo Piano di rinascita democratica, trovato o fatto trovare nel 1982 nel doppiofondo di una valigia della figlia del Gran Maestro, Maria Grazia, delinea una sorta di repubblica autoritaria di stampo conservatore. Diventerà una sgradita pietra di paragone per l’attività di molti governi successivi, fino ai giorni nostri, da Berlusconi a Renzi.
Alla fine degli anni Cinquanta, comunque, i riferimenti politici di Gelli cambiano. Entra nell’orbita Dc, diventa portaborse del deputato Romolo Diecidue, conosce i fratelli Lebole con i quali entra nel business del tessile, ma soprattutto conosce Giulio Andreotti e si lancia in un’intensa attività di pr nei plazzi che contano. Relazioni che torneranno utili. Il 6 novembre 1963 Licio Gelli si iscrive alla massoneria, nella loggia Gian Domenico Romagnosi di Roma; nel 1975 “scala” il vertice della loggia Propaganda 2, meglio nota come P2. Che cos’era la P2? Su questo ci sono migliaia e migliaia di pagine della Commissione Anselmi e del processo romano finito in nulla, ma una buona sintesi la dà il giornalista Gianfranco Piazzesi nel libro “Gelli. La carriera di un eroe di questa Italia” (Garzanti 1983): “Il fratello coperto avrebbe aiutato la carriera di chi era al di fuori del suo giro di conoscenze personali e politiche (…); subito dopo avrebbe ottenuto lo stesso favore da un’altra persona a lui fino ad allora sconosciuta”. Roba non da poco, visto che alla P2 risulteranno iscritti ministri, parlamentari, alti ufficiali delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, editori, giornalisti… E Gelli è il nodo centrale della rete, insieme al braccio destro Umberto Ortolani detto “Baffino”. Sui loro conti esteri, tanto per dirne una, transitano decine di milioni di dollari sottratti all’Ambrosiano dal banchiere piduista Roberto Calvi.
Del signor P2 i giornali parlano poco fino al 17 marzo 1981, quando gli elenchi della loggia segreta vengono trovati durante una perquisizione alla ditta Giole di Castiglion Fibocchi (Arezzzo), di proprietà del Venerabile. I magistrati milanesi Guliano Turone e Gherardo Colombo ci arrivano indagando sul finto sequestro di Michele Sindona (anche lui piduista) organizzato da Cosa nostra siciliana in un estremo tentativo – fallito – di salvare dalla bancarotta il banchiere di Patti (Messina) trapiantato a Milano. Il contatto tra Sindona e Gelli è il medico massone Joseph Miceli Crimi, quello che a un certo punto mette un cuscino su una gamba di Sindona e gli spara un colpo di pistola, giusto per rendere più credibile la messinscena del rapimento da parte di un sedicente gruppo terrorista “proletario”.
Il presidente del consiglio Arnaldo Forlani decide di rendere pubblici gli elenchi su cui troppo su rumoreggia, e i nomi che ci sono dentro – compresi 44 parlamentari e 2 ministri – fanno impressione. Alcuni sono ancora oggi in piena attività pubblica: Slvio Berlusconi, Luigi Bisignani, Fabrizio Cicchitto, Antonio D’Alì…
Dal 1998, Licio Gelli si trovava agli arresti domiciliari nella splendida Villa Wanda di Castiglion Fibocchi. Vinceva premi di poesia e ogni tanto concedeva interviste, in cui si compiaceva di osservare come certe parti del Piano di rinascita democratica – per esempio il pemierato forte e un maggior controllo sui magistrati, nonché la loro responsabilità civile – volassero nel dibattito politico senza neanche più il bisogno di organizzare trame con generali nostalgici né dettare la linea a editori affiliati. Del Venerabile resta uno sterminato archivio sparso per il mondo che suscita, a seconda di chi lo cerca, la curiosità o il timore.
Il Burattinaio della Nazione è vissuto da potente ed è morto da potente, nel suo letto e con tanti segreti intatti. Tornano in mente le parole di Piazzesi, che per le pressioni della P2 fu silurato a stretto giro prima dal Corriere della Sera e poi dalla Nazione di Firenze. Dove aveva deciso di pubblicare un’inchiesta a puntate sulle origini di Gelli, il suo passato fascista, i suoi voltafaccia fra partigiani e servizi. Sapendo che “nella migliore delle ipotesi non ci avrei guadagnato niente”.
Cronaca
Licio Gelli, Burattinaio della Nazione: fascista, comunista, democristiano, massone. Ma sempre al momento giusto
Le condanne per la strage di Bologna e il crac Ambrosiano. Il processo P2 finito in nulla. Un nome che spunta in tutti i misteri d'Italia. La carriera del Venerabile dalla divisa delle Ss al carro della Resistenza, dal rapporto con Andreotti alla loggia dei potenti. Fino al Piano di rinascita democratica, ancora oggi spesso evocato
E alla fine se n’è andato anche lui, Licio Gelli. Anzi, “il mai abbastanza vituperato Licio Gelli“, come lo bollava il senatore comunista Giuseppe Corsini, che lo aveva visto all’opera nel pistoiese durante la Resistenza. Prima in camicia bruna al servizio dei nazifascisti, poi, al momento giusto, repentinamente convertito alla causa dei partigiani. Classe 1919, il Venerabile Maestro della Loggia P2 e di mille misteri italiani è stato in fondo il Burattinaio della Nazione: fascista nel ventennio, al servizio dei “rossi” nel primo Dopoguerra, dagli anni Cinquanta in poi democristiano e massone. Tutto e il contrario di tutto, ma sempre al momento giusto. O forse semplicemente un uomo privo di ideologie, in grado di usare i potenti come pedine per accumulare denaro, influenza, informazioni riservate.
Dieci anni di reclusione per i depistaggi sulla strage di Bologna. Dodici per il crac del Banco Ambrosiano. Otto mesi per possesso di documenti riservati del Sid e del Sismi – i servizi segreti italiani di allora – come unica conseguenza giudiziaria del caso P2. Carcere poco, tra estradizioni “difettose”, domiciliari per motivi di salute e persino una clamorosa evasione dal carcere di Champ Dollon, a Ginevra, il 10 agosto 1983. Ma sono molti di più – per non dire quasi tutti – i misteri italiani che hanno visto spuntare in qualche fase il nome di Gelli: il tentato golpe Borghese, l’omicidio Pecorelli, lo scandalo petroli, il crac di Michele Sindona, il caso Moro, la scalata occulta al Corriere della Sera, fino alla trattativa Stato-mafia, per il quale l’ex Venerabile è stato sentito dai pm nel 2013 come persona informata sui fatti, sul tema degli intrecci tra mafia, servizi, massoneria ed eversione nera.
Un raggio d’azione sconcertante, quello del Venerabile, ed è durante la guerra di Liberazione che il giovane Licio Gelli getta le fondamenta di un potere che probabilmente non ha eguali nella storia repubblicana, almeno per un semplice cittadino privo di qualunque carica pubblica. Gelli combatte come volontario al fianco dei franchisti in Spagna – dove perde il fratello – poi durante l’occupazione nazista in Italia si dà da fare con la divisa delle Ss. Ma quando il quadro del tracollo di Hitler e Mussollini si fa netto, passa dall’altra parte e fornisce informazioni utili per salvare i partigiani dalle imboscate della Wehrmacht. “Ss tedesche (Divisione Herman Goering). Partigiano combattente (XI zona)” riporta in modo spiazzante un’informativa redatta su di lui nel 1950 da una non precisata forza di polizia. L’anonimo estensore si dilunga sulla particolare cura del giovane Gelli nell’abbigliamento e sul fatto che non sia “dedito né al vino né ai liquori”. Più prosaico, un rapporto della Guardia di Finanza del 1974 che sottolinea “una solida stuazione patrimoniale di cui non si conoscono le origini”.
Diversi documenti dell’epoca, poi finiti in gran parte agli atti della Commissione parlamentare sulla P2, dimostrano che nel suo “periodo rosso” Gelli collabora con i servizi segreti di un paese del blocco comunista, almeno fino agli anni Cinquanta inoltrati. Ma al contempo c’è chi conosce il suo passato anticomunista, e così anche i servizi italiani guardano a lui con attenzione, stavolta come paladino dell’atlantismo. Dal 1974, inoltre, Gelli è addetto commerciale dell’ambasciata argentina presso il governo italiano, e in buoni rapporti con diverse giunte militari latinoamericane. E certo il celeberrimo Piano di rinascita democratica, trovato o fatto trovare nel 1982 nel doppiofondo di una valigia della figlia del Gran Maestro, Maria Grazia, delinea una sorta di repubblica autoritaria di stampo conservatore. Diventerà una sgradita pietra di paragone per l’attività di molti governi successivi, fino ai giorni nostri, da Berlusconi a Renzi.
Alla fine degli anni Cinquanta, comunque, i riferimenti politici di Gelli cambiano. Entra nell’orbita Dc, diventa portaborse del deputato Romolo Diecidue, conosce i fratelli Lebole con i quali entra nel business del tessile, ma soprattutto conosce Giulio Andreotti e si lancia in un’intensa attività di pr nei plazzi che contano. Relazioni che torneranno utili. Il 6 novembre 1963 Licio Gelli si iscrive alla massoneria, nella loggia Gian Domenico Romagnosi di Roma; nel 1975 “scala” il vertice della loggia Propaganda 2, meglio nota come P2. Che cos’era la P2? Su questo ci sono migliaia e migliaia di pagine della Commissione Anselmi e del processo romano finito in nulla, ma una buona sintesi la dà il giornalista Gianfranco Piazzesi nel libro “Gelli. La carriera di un eroe di questa Italia” (Garzanti 1983): “Il fratello coperto avrebbe aiutato la carriera di chi era al di fuori del suo giro di conoscenze personali e politiche (…); subito dopo avrebbe ottenuto lo stesso favore da un’altra persona a lui fino ad allora sconosciuta”. Roba non da poco, visto che alla P2 risulteranno iscritti ministri, parlamentari, alti ufficiali delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, editori, giornalisti… E Gelli è il nodo centrale della rete, insieme al braccio destro Umberto Ortolani detto “Baffino”. Sui loro conti esteri, tanto per dirne una, transitano decine di milioni di dollari sottratti all’Ambrosiano dal banchiere piduista Roberto Calvi.
Del signor P2 i giornali parlano poco fino al 17 marzo 1981, quando gli elenchi della loggia segreta vengono trovati durante una perquisizione alla ditta Giole di Castiglion Fibocchi (Arezzzo), di proprietà del Venerabile. I magistrati milanesi Guliano Turone e Gherardo Colombo ci arrivano indagando sul finto sequestro di Michele Sindona (anche lui piduista) organizzato da Cosa nostra siciliana in un estremo tentativo – fallito – di salvare dalla bancarotta il banchiere di Patti (Messina) trapiantato a Milano. Il contatto tra Sindona e Gelli è il medico massone Joseph Miceli Crimi, quello che a un certo punto mette un cuscino su una gamba di Sindona e gli spara un colpo di pistola, giusto per rendere più credibile la messinscena del rapimento da parte di un sedicente gruppo terrorista “proletario”.
Il presidente del consiglio Arnaldo Forlani decide di rendere pubblici gli elenchi su cui troppo su rumoreggia, e i nomi che ci sono dentro – compresi 44 parlamentari e 2 ministri – fanno impressione. Alcuni sono ancora oggi in piena attività pubblica: Slvio Berlusconi, Luigi Bisignani, Fabrizio Cicchitto, Antonio D’Alì…
Dal 1998, Licio Gelli si trovava agli arresti domiciliari nella splendida Villa Wanda di Castiglion Fibocchi. Vinceva premi di poesia e ogni tanto concedeva interviste, in cui si compiaceva di osservare come certe parti del Piano di rinascita democratica – per esempio il pemierato forte e un maggior controllo sui magistrati, nonché la loro responsabilità civile – volassero nel dibattito politico senza neanche più il bisogno di organizzare trame con generali nostalgici né dettare la linea a editori affiliati. Del Venerabile resta uno sterminato archivio sparso per il mondo che suscita, a seconda di chi lo cerca, la curiosità o il timore.
Il Burattinaio della Nazione è vissuto da potente ed è morto da potente, nel suo letto e con tanti segreti intatti. Tornano in mente le parole di Piazzesi, che per le pressioni della P2 fu silurato a stretto giro prima dal Corriere della Sera e poi dalla Nazione di Firenze. Dove aveva deciso di pubblicare un’inchiesta a puntate sulle origini di Gelli, il suo passato fascista, i suoi voltafaccia fra partigiani e servizi. Sapendo che “nella migliore delle ipotesi non ci avrei guadagnato niente”.
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Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Le persone vogliono sentirsi sicure nelle loro città, nelle loro case. Ma l'approccio della destra è sbagliato perchè non basta rafforzare i presidi delle forze dell'ordine, che neanche fanno perchè non ci mettono soldi e mandano poliziotti a fare la guardia ai centri migranti vuoti in Albania, servono presidi sociali e educativi e anche la questione del cambiamenti climatico è una questione di sicurezza". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
Milano, 22 gen. (Adnkronos) - "Come ogni anno, Samsung presenta il nuovo flagship: Samsung Galaxy S25. Lo scorso anno, con Galaxy S24, abbiamo introdotto per la prima volta l’intelligenza artificiale sugli smartphone e quest’anno, con la nuova serie, facciamo un ulteriore balzo in avanti, riuscendo a dare all’intelligenza artificiale una connotazione ancora più fluida, semplice e, direi, conversazionale”. Lo spiega ai microfoni dell’Adnkronos Nicolò Bellorini Vice President Mobile eXperience division di Samsung Electronics Italia, in occasione di Samsung Galaxy Unpacked 2025, l’evento con cui l’azienda sudcoreana presenta la nuova serie di smartphone Samsung Galaxy.
Questa rivoluzione nel mondo degli smartphone AI è resa possibile da diverse innovazioni, la multimodalità in primis, come sottolinea Bellorini: “Samsung Galaxy S25 è in grado di capire perfettamente il contesto nel quale avvengono le richieste, perché comprende voce, video, suoni, testi, file Pdf e qualunque altra cosa. La seconda innovazione importante è la potenza degli agenti AI, che consente a S25 di performare task complessi, che possono andare anche da un’app all’altra”.
I più recenti top di gamma di Samsung portano infatti le capacità di Galaxy AI a un livello superiore, con un’elaborazione AI avanzata direttamente sul dispositivo, migliorando ulteriormente il comparto fotografico leader del settore Galaxy grazie a ProVisual Engine di nuova generazione e offrendo prestazioni eccezionali grazie al processore Qualcomm Snapdragon 8 Elite per Galaxy.
La nuova serie Galaxy S25 stabilisce così un nuovo standard per l’AI mobile, garantendo l’esperienza mobile più naturale e consapevole mai raggiunta, e rappresenta il primo passo nella visione di Samsung di cambiare il modo in cui gli utenti interagiscono con i loro smartphone e con il mondo che li circonda.
“Come l’anno scorso, sono tre i modelli disponibili, Galaxy S25 Ultra, Galaxy S25+ e Galaxy S25, con vari tagli di memoria - conclude il Vice President Mobile eXperience division di Samsung Electronics Italia - da 128Gb fino 1Tb, tutti con 12Gb di Ram”.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Quale è la visione del governo Meloni di fronti ai cambiamenti climatici? E' semplice, basta fare così". Lo dice Elly Schlein tappandosi gli occhi all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato. "Come facevamo da bambini, quando c'era qualcosa che ci faceva paura. Ma il prezzo della non conversione, del non affrontare i cambiamenti climatici è molto più costoso che farlo".
"Quanta competitività perdono le aziende italiane rispetto" ad altri Paesi dove si investe in rinnovabili? Ma "il governo non se ne occupa. Questi sono invece gli obiettivi che ci stiamo dando in vista della Cop 30" in Brasile.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "La Lega di Matteo Salvini non perde tempo e scavalca a destra Giorgia Meloni, sempre più legata all'internazionale nera, annunciando la decisione di aprire il dibattito per dire stop all'adesione dell'Italia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Questa posizione, ispirata all'analogo passo compiuto ieri da Donald Trump, rappresenterebbe un grave segnale di isolamento dell'Italia a livello internazionale e dai principali organismi impegnati nella tutela della salute globale". Così Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e parlamentare di Avs.
"L'Oms non è solo un'istituzione scientifica di riferimento, ma un baluardo nella lotta contro pandemie, malattie croniche e disuguaglianze sanitarie in Africa e nei Paesi più poveri. Quando, a metà del XIX secolo, la peste, il colera e la febbre gialla hanno scatenato ondate mortali in un mondo appena industrializzato e interconnesso, l’adozione di un approccio globale alla salute è diventata un imperativo. Medici, scienziati, presidenti e primi ministri convocarono con urgenza la Conferenza Sanitaria Internazionale di Parigi nel 1851, un precursore di quella che oggi è la più grande del suo genere: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nota come Oms. In mezzo alle crisi, ai conflitti, alla continua minaccia di epidemie e ai cambiamenti climatici, l’Oms ha reagito: dalle guerre a Gaza, in Sudan e in Ucraina fino a garantire l’arrivo di vaccini e forniture mediche salvavita in aree remote o pericolose, svolgendo un ruolo fondamentale di indirizzo nel rispondere all'emergenza Covid-19".
"La Lega dimostra ancora una volta un approccio irresponsabile, che antepone logiche ideologiche e sovraniste al benessere dei cittadini. Interrompere la nostra adesione all'Oms significa rinunciare a strumenti essenziali di coordinamento globale, scambio di conoscenze e accesso a risorse indispensabili per affrontare emergenze sanitarie. Andrebbero ignorati: ma siccome governano il Paese è bene sapere cosa pensano di questa folle proposta il Ministro della salute Schillaci, la premier Giorgia Meloni e la maggioranza di destra che sostiene il suo governo" conclude Bonelli.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - L'Istituto per il Credito Sportivo e Culturale ('Icsc') torna per la seconda volta sul mercato delle emissioni Esg portando a termine con straordinario successo il collocamento di un prestito obbligazionario Social unsecured senior preferred dedicato al supporto di investimenti ad elevato impatto nei settori Sport e Cultura, riservato agli investitori istituzionali.
L’operazione ha registrato ordini complessivi per circa 2 miliardi di euro, pari a oltre 6 volte l’offerta iniziale. L’emissione ha visto la partecipazione di un’ampia platea di sottoscrittori nazionali ed esteri per il 45%, in particolare Germania/Austria (24%), a dimostrazione del crescente interesse degli investitori per il settore delle infrastrutture sociali in Italia.
Il prestito obbligazionario, con scadenza a cinque anni e cedola a tasso fisso annua del 3,50%, costituisce la prima emissione a valere sul programma Emtn (Euro Medium Term Note) da 1 miliardo di euro pubblicato il 19 dicembre 2024, la seconda per Icsc dopo l’emissione stand alone del 2022. Il rating del Social Bond è stimato in linea con quelli assegnati alla Banca dalle agenzie S&P e DBRS, rispettivamente pari a BBB- (Stable) e BBB (Positive).
I proventi dell’emissione saranno utilizzati per sostenere investimenti ad elevato impatto sociale nei settori Sport e Cultura, in linea con la missione dell’Istituto e gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
“L’emissione del nuovo Social Bond riflette il crescente impegno di Icsc sul fronte della finanza sostenibile, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo dei settori Sport e Cultura. La straordinaria domanda da parte degli investitori istituzionali conferma la fiducia dei mercati nei confronti di Icsc, riconoscendone la consolidata capacità di mobilitare capitali a lungo termine secondo principi di sostenibilità, responsabilità e inclusione sociale, equità intergenerazionale. Lo Sport e la Cultura rappresentano in misura crescente asset class in grado di generare significative opportunità di investimento a impatto, creando valore economico e sociale, reale e duraturo per il Paese", ha commentato l’Amministratore Delegato Antonella Baldino.
Il bond, ammesso alla negoziazione presso il mercato regolamentato della Borsa del Lussemburgo, è stato emesso a valere sul Social Bond Framework di Icsc, pubblicato nel luglio 2022, che ha ottenuto una favorevole Second Party Opinion rilasciata da Iss Corporate Solutions, confermando l’allineamento agli Icma Principles e la robustezza degli Eligibility Criteria.
Imi-Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Santander e Morgan Stanley hanno agito in qualità di Joint Lead Managers del collocamento.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Mi ha molto colpito la fila di multimiliardari" all'Inauguration Day. "E' un'idea di società opposta alla nostra, una società in cui sono i ricchi a scrivere le leggi per tutti gli altri e a scegliere i giudici che le facciano rispettare. E anche da queste parti non ce la passiamo troppo bene". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "La politica sta facendo abbastanza sul cambiamento climatico? No. E noi come prima forza di opposizione del Paese abbiamo una responsabilità di un governo che nega l'emergenza e ci riporta indietro. Mentre occorre rendere transizione ecologica conveniente ma le politiche di questo Paese non hanno mai accompagnato questa innovazione". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
"Troppe esitazioni e ritardi. Confidiamo nella leadership di Lula che ha organizzato la prossima Cop a Belem, nel cuore dell'Amazzonia" dopo "l'esito insoddisfacente della Cop 20 a Baku. Dobbiamo evitare che tra le tante ricadute nefaste dell'elezione di Trump ci sia un massiccio disimpegno degli Stati Uniti" nelle politiche per il clima. "Abbiamo sentito il suo discorso di insediamento grondante di slogan della campagna elettorale. Il pianeta non si può permettere 5 anni di Trump con queste premesse. E' vero è stato democraticamente eletto, ma c'è chi non ha potuto votare: la nuove generazioni che ci chiederanno il conto".
"A questo nuovo indirizzo dell'amministrazione americana è necessaria una risposta altrettanto forte dell'Europa, è necessario un protagonismo dell'Ue ma non è l'aria che tira a Bruxelles e questo come Pd ci preoccupa moltissimo".